NUTELLA NUTELLAE
Tra le tante angoscianti questioni che tormentano la vita del Partito Democratico una risulta particolarmente dilaniante. Quale nome dare alle feste di partito che ogni estate diffondono in ogni angolo d’Italia – in dosi equamente distribuite - salamelle e aria fritta? Feste dell’Unità, diranno i nostri piccoli lettori. E così è sembrato sin dal primo momento della nascita del PD. Ricordo un qualche rappresentante proveniente da sinistra (o almeno, più da sinistra di Fioroni) rassicurare la platea dei simpatizzanti abituati a sacrificare i loro weekend estivi nel nome del loro camaleontico partito. Con questa indimenticabile frase: “Non cambieremo mai nome alle Feste dell’Unità. E’ un brand troppo forte. Nessuno cambierebbe nome alla Nutella”. Ecco, forse non aveva detto brand (non ci giurerei), ma il senso era quello. Come in una storia vagamente surreale toccava al marketing salvare l’ideologia. Alla crema da spalmare salvare il comunismo. Poi è arrivata l’estate. E le Feste dell’Unità, invece, hanno iniziato ad estinguersi. Anche se a macchia di leopardo, come si concede a una guerriglia che indietreggia verso la giungla. A Spezia in questi giorni abbiamo alcune feste minori, collocate in enclaves “rosse” (ovvero dove la destra ancora non ha superato il 40%), che hanno avuto il privilegio di mantenere il brand. Poi c’è la grande festa al palasport. Già Festival Provinciale dell’Unità, poi Festa Nazionale del Mare (boh). Oggi Festa Spezia. Con tanto di manifesto che ammicca ai ggiovani, simbolo del PD impalpabile come la sua leadership. E un bel paio di scarpe, a ricordare quelle che gli hanno fatto gli elettori.
[ripensandoci] di [foresto]

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