PD, 3 Novembre 2008
Ieri leggevo che Andrea Benedino ha presentato ricorso alla Commissione di Garanzia del Partito Democratico contro Paola Binetti per le sue dichiarazioni con le quali, in sostanza, tendeva ad equiparare gay e pedofili. L'ho letto, avevo pensato anche di rilanciare con un post sul tema, e poi, in un attimo di buonismo ignobile, ho pensato di desistere perchè in fondo con questo ricorso non ero poi così d'accordo. Oggi scopro, grazie a facebook, che la Binetti replica così a Benedino in una intervista a Goffredo De Marchis su Repubblica:

Si capisce che Paola Binetti sia amareggiata. Dice che una situazione del genere «non l´aveva mai vissuta»: il ricorso di un membro dell´assemblea costituente e la possibilità che la commissione di garanzia avvii un´istruttoria contro di lei per le sue dichiarazioni sugli omosessuali. «La verità è che dovrei tacere, aspettare martedì la riunione della commissione. Ma anche a me piacerebbe sapere se il Partito democratico ha una sua linea o no su questi temi», contrattacca l´onorevole teodem.
Qui la linea c´entra poco. Lei ha prima detto che l´omosessualità è una malattia, poi che i gay possono diventare più facilmente pedofili. Ha chiesto scusa, ma non ha smentito. Andrea Benedino chiede al partito di dichiararla incompatibile con i principi e i valori del Pd. Come risponde?
«Con i fatti, non con le chiacchiere. Se a conferma di un pronunciamento della Chiesa io dico che un omosessuale non può essere ordinato sacerdote, questa è omofobia? No, non lo è. E un fatto conclamato: alcuni preti pedofili sono omosessuali».
Ma non per questo si può dire che l´omosessualità porta dritti alla pedofilia.
«Ho parlato di rischio, non di certezza. Ho spiegato che tendenze gay fortemente radicate possono portare alla pedofilia. Si può dire? O è omofobia? Voglio avere il diritto di parlare e di pensare. Attendo con ansia la decisione della commissione martedì. Facciamo chiarezza una volta per tutte: se esprimere il proprio pensiero è reato di omofobia o se invece nel Pd si tende a perseguire il reato di opinione».
I reati c´entrano poco, onorevole. Questo è un problema politico e di convivenza all´interno dello stesso partito.
«Non sarà un reato, ma una sorta di lettera di consegna spedita al Pd con relativo processo mi fa pensare che ci sia una colpa da parte mia. Non conosco nessun altro che sia stato portato davanti a un tribunale del Partito democratico».
Beh, siete appena nati...
«C´è poco da scherzare. Se non è mai successo prima significa che la mia è una vicenda più grave. Però, non mi era mai successo e non pensavo che si sarebbe alzato un polverone in una circostanza così particolare. Sa, il giorno dei santi, dei morti... Sono momenti speciali per noi cattolici».
Se la commissione la dovesse chiamare a rispondere delle sue affermazioni, andrà?
«Per il momento non so nulla. Ma quando verrò chiamata andrò. Io affronto le cose della vita a testa alta. Vediamo che succede. Spero che stavolta si possa andare fino in fondo».
Lei ha fatto le sue scuse, ma Paola Concia e lo stesso Benedino non le hanno accettate. Cercano un pretesto contro di lei?
«Loro fanno sempre le vittime, li conosco ormai. Non è possibile ogni volta che succede qualcosa, partire in quarta riattizzando vecchie polemiche. Ma il "processo" può essere un´occasione. Parleremo di fatti concreti, di documenti, di dichiarazioni pubbliche».
Ha scritto la lettera di scuse per evitare altri guai?
«Chi lo pensa non mi conosce. L´ho scritta perché ci credevo, ma se vogliono andare avanti, bene».
La sua è una sfida?
«Guardi, il Pd è una struttura complessa che deve fare ancora molti conti al suo interno. Se pensano che io sia il primo problema e che questo problema vada affrontato con i tribunali, mi sembra assurdo. Ma sono pronta. Anzi, prontissima».


Ripensandoci, ho sbagliato a pensar bene.
[ripensandoci] di [il sesto]

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